sabato 31 dicembre 2011

Ma è così sporca la lobby?

Il Congresso americano a Washington
Ormai da qualche tempo la parola lobby è entrata di diritto a far parte del nostro vocabolario. Ma quanti sanno cosa significa questa parola di origine anglosassone vista spesso come qualcosa di sporco e negativo?
Il dibattito sull'etimologia del termine è molto acceso. C'è chi fa derivare il termine dal latino medioevale lobia ovvero loggia; altri la fanno risalire all'Alto-Tedesco lauba, che significava deposito di documenti; infine, in epoca più recente, il termine lobby è servito ad indicare l'anticamera del Parlamento inglese in cui i deputati d'oltre Manica ricevevano vari gruppi di pressione. E' quindi con quest'ultima accezione che il termine lobby è entrato a far parte del vocabolario comune. In realtà per lobby si intende qualsiasi gruppo organizzato in grado di esercitare pressione presso le istituzioni per la tutela dei propri interessi. Più propriamente si intende la pratica del lobbying come rappresentanza legittima dei propri interessi. Chiunque, insomma, può fare attività di lobbying, un'associazione, un'impresa o un ONG, purché rispetti la legge. Ecco un esempio per capire meglio cosa si intende per rappresentanza dei propri interessi. Se per assurdo, il Parlamento italiano stesse per varare una nuova legge che proibisce la vendita di cioccolata al fine di tutelare la salute dei bambini, le aziende che producono cioccolata si organizzerebbero per far sì che quel provvedimento non passi in Parlamento. Per farlo dovrà esercitare il proprio potere di persuasione, facendo pressione sul legislatore e convicendolo dell'inutilità di quella legge. In questo modo, l'impresa sta tutelando i propri interessi legittimi e cioè produrre cioccolata e non vedersi costretta a chiudere bottega. Il caso è estremo perchè ci sarebbero altri interessi in conflitto, quello della salute pubblica, per esempio, che formalmente ispira e legittima il provvedimento. Tuttavia, il caso è esemplificativo del fatto che chiunque abbia un interesse legittimo può rappresentarlo presso il legislatore. Fare lobbying significa quindi guidare le istituzioni pubbliche ad una migliore comprensione della realtà. Le aziende produttrici di cioccolata potrebbero convincere il legislatore del fatto che, se la legge che impedisce la produzione di cioccolata passasse, molte persone perderebbero il proprio posto di lavoro. Potrebbero persuadere i parlamentari che esistono prodotti più dannosi della cioccolata in grado di pregiudicare la salute dei bambini e così via. Il caso appena prospettato non costituisce reato, anche se presuppone una certa regolamentazione e trasparenza l'avvicinamento al legislatore da parte dell'azienda. Al Parlamento europeo, per esempio, esiste un registro di persone che fanno lobby per conto di aziende o associazioni e che possono chiedere un appuntamento con gli eurodeputati per esporgli la propria posizione su una legge nella più totale trasparenza. Lo stesso avviene nel mondo anglossassone, sia nel Congresso americano che nella Camera dei Comuni inglese. In Italia, purtroppo la professione del lobbista è poco nota e spesso ha assunto una connotazione negativa, dato che per lobbista si intende un affarista che tenta di aggirare la legge. Si pensi ai vari Bisignani o alle varie loggie P2 e P3 con comitati di persone che tutto vogliono tranne che motivare la legittimità dei propri interessi di fronte al legislatore.

Il lobbying non è quindi nulla di sporco. Presuppone però la maturità di un paese ad accogliere come legittimo il fatto che imprese, associazioni di categoria o qualsiasi gruppo in grado di organizzarsi possa convincere il legislatore della bontà delle proprie motivazioni in difesa di un loro interesse.
Per quanti volessero approfondire l'argomento, consiglio il libro di Fabio Bistoncini - tra i più affermati professionisti del lobbying in Italia - che con il suo Vent'anni da sporco lobbista ha descritto con impeccabile precisione cos'è la fantomatica lobby e quanto "sporco" sia il mestiere del lobbista.

AV

lunedì 5 dicembre 2011

Manovra Monti: rigore e lacrime


Crescita, rigore ed equità. Poca crescita, molto rigore e una sprizza di equità. Questo a mio avviso il giudizio che si potrebbe dare sui 20 miliardi netti della manovra Monti. Alcuni provvedimenti possono essere condivisibili altri meno, ma resta il fatto che questa dovrebbe essere almeno la prima puntata di una lunga serie di provvedimenti volti a ristabilire l'equità e a rimettere in moto l'economia di questo paese. Bene quindi una manovra di tagli alla spesa corrente perchè calma i mercati (lo spread è finalmente sceso a quota 375), salvaguarda l'euro (dato che il default dell'Italia farebbe saltare la moneta unica) e ci permette il pareggio di bilancio forse già per il 2012. Tappata l'enorme falla sarebbe però auspicabile rimettere in moto la nave e pensare un pò anche alla terza classe di questo Titanic chiamato Italia. Monti lo sa bene che una manovra come quella presentata oggi in Parlamento non serve a nulla senza misure in grado di coniugare sviluppo, sostenibilità, liberalizzazioni e la tanto famosa equità. Chiaro che la crisi la dovranno pagare tutti, ma lo dovranno fare sulla base della propria disponibilità economica e del proprio ruolo sociale, economico e produttivo. 
Duole, specie ai giovani, sentir parlare di tagli e razionalizzazione della spesa pensionistica, ma mi si permetta di spendere un enorme apprezzamento per le lacrime del ministro del welfare, Elsa Fornero, quando ha elencato le tristi misure o meglio i "sacrifici" in materia. "Sacrificio", una parola rimossa dal vocabolario negli anni del berlusconismo, dove chiunque è rimasto narcotizzato da una politica da mercante in fiera e fatta di proclami. Oggi, sorrisi e spettacolarizzazione sembrano ad un tratto aver ceduto il passo alla triste realtà, crudamente sbattuta in faccia. Il nostro paese spende più di quanto guadagna, mentre i soliti furbetti - politici in testa - continuano a fare i free rider. Vedere un ministro che dall'alto del suo scranno, visibilmente commossa, non riesce a pronunciare la parola "sacrificio" è un segno di cambiamento o comunque di un'inversione di tendenza. Monti è ancora in prova, ma lacrime, serietà ed empatia nei confronti di chi si vedrà andare in pensione più tardi e con meno soldi in tasca invitano ad essere un pò più fiduciosi nei confronti del futuro.

AV