mercoledì 25 agosto 2010

Un'estate italiana

Fini, Berlusconi e Casini durante un comizio elettorale

Non dimenticherò mai l'estate 2010. La prima estate dopo la laurea. La prima estate trascorsa completamente all'estero. La mia prima estate a Londra. La prima da precario stagista. La prima in cui la politica italiana non è affatto andata in vacanza, e questo non per lavorare in Parlamento ma per rendersi ridicola fino all'inverosimile. Da maggio, infatti, dopo il caso Scajola, è stato un crescendo di nefandezze. Le peggiori che io ricordi. Il dibattito politico si è arenato e visto l'autunno caldo che ci aspetta, con il debito pubblico alle stelle e molti comuni prossimi alla bancarotta, non credo fosse proprio il caso.

Intanto, da quando i signori in doppio petto hanno smesso di lavorare, hanno pensato bene di riaprire le segrete del castello. Tuttavia, non gli è venuto difficile riesumare dai meandri delle caverne alcuni classici della politica all'italiana. Insulti. Accuse. Inchieste. Illazioni. Denunce. Espulsioni. Ricatti. Minacce. Diti medi. Culi a tarallo. Elezioni anticipate. Governi tecnici. Assieme agli immancabili "si salvi chi può" ed "alleamose che è mejo". Qualcuno la chiamerebbe "sputtanopoli". Altri, repubblica delle banane. Io, in tutta onestà, senza girarci tanto sopra, la chiamo repubblica italiana (prima, seconda o terza fa poca differenza). Tuttavia, i cimeli della cripta hanno trovato la loro collocazione in pubblico sotto etichette più diplomatiche ed affidabili. Governi di responsabilità nazionale. Lealtà con gli elettori. Inchieste editoriali. Attacco alle istituzioni. Bla, bla, bla.

In questa inedita estate 2010 è stato anche riesumato uno tra i tesori più preziosi del castello della repubblica italiana. A mio avviso, si tratta del più caratteristico, e non ha etichette che tengano: è il trasformismo. Basta mettere su un partito facendo ammenda e studiando alla meno peggio da chi ha condotto battaglie giornalistiche e politiche serie contro il sistema poco trasparente cui si apparteneva. Non basta cambiare etichetta, farsi una fondazione e mettere un esperto dell'antimafia per redimersi da un peccato lungo solo sedici anni. 

E intanto, i fumi maleodoranti che provengono dalla botola del vecchio castello sono venuti su. Letali. Velenosi. Talmente velenosi che pare abbiano raggiunto il picconatore a metà agosto. Nemmeno lui, custode delle tante ampolle soporifere del castello repubblicano, è riuscito a sopportarli. D'altronde, bisogna godere di ottima salute per sopravvivere a certe cose.

AV

Dedicato ad una generazione di precari e di migranti


Volevo fare politica. Proporre le mie idee. Qualcosa che aiutasse il mio paese ad uscire dalla crisi. Un'invenzione. Una soluzione. Dei suggerimenti. Venne l'inverno. E non accadde nulla. E così a seguire tutte le stagioni. Non riuscivamo ad uscire dal baratro. 

Sprofondavamo sempre di più. Ci sembrò di toccare il fondo, ma non era ancora arrivato il momento di toccarlo. Come in un incubo, eravamo sprofondati dentro un tunnel più lungo del previsto. Non avevamo lavoro, certezze e denaro a sufficienza. Avevamo qualche idea. Ci tolsero anche quelle, insieme alle ambizioni e al futuro. Resero precario tutto. Pensavamo di accettare quei cambiamenti e quella mancanza di certezze perché faceva più fighi. Più progressisti. Poi la precarietà toccò le nostre vite. Le nostre tasche. Il nostro domani. E ci lamentammo. Volevamo protestare, ma ci fu impedito. Troppi interessi in gioco per pochi, troppo poco interesse a farlo per molti. E venne il mare di disperazione. Continuavamo a votarli nella speranza che tutto cambiasse, ma nulla cambiò. La grande menzogna! Questo era stato. E venne l'ora della resa dei conti. E sempre in piedi cadevano gli storpi e sempre più frantumati rimanevano i giusti. O almeno, così si definivano. In realtà erano deboli. La massa applaudiva e non si rendeva conto. Le idee fuggivano. Gli innovatori scappavano via, cacciati come appestati. Avevano letto, scritto e studiato. Volevano soltanto avere una possibilità. Ma si videro scavalcati da rozzi e insolenti, beceri e meschini, insulsi e marrani, ladri e corruttori. Non v'era più spazio per gli uomini delle idee ma solo per quelli del malaffare. Niente più posto per altruismi, ma soltanto per egoismi autoreferenziali. L'esaltazione dell'io aveva colpito di nuovo. Non esisteva più la parola comunità ma solo una miriade di inutili isole. E ci sfaldavamo.

Volevamo solo fare politica.
Occuparci del bene del nostro paese.
Migliorarlo tanto. Davvero tanto!
Non ce l'hanno permesso ...

AV

mercoledì 11 agosto 2010

Napolitano va in pensione

Stromboli


Le si invocano con forza. Con calcolo. Ed anche con molta fretta. A chiedere elezioni anticipate è anzitutto la Lega che non vuole governi diversi da quello di Silvio il federalista. Di Pietro chiama i suoi alle armi ma vorrebbe votare con un'altra legge elettorale. Il triumvirato Fini, Casini e Rutelli – già predetto da mio padre un anno fa, manco avesse la palla di cristallo – cerca di incantare un PD piuttosto bisex. 
Intanto, i berluscones capitanati da Feltri affilano i coltelli. La politica è in vacanza. Si presenta abbronzata alle telecamere nell’ennesima estate di crisi economica e sociale che chiunque si rifiuta di leggere e interpretare. Cattivo segnale.

Intanto, si parla di nuove elezioni. Ma che sarà mai! Solo l’ennesimo governo che se ne va. L'ennesima 'vacatio guberni' di un paese in odor di decadenza. Chi chiede elezioni anticipate non sa o fa finta di non sapere. Un nuovo voto, infatti, comporterebbe lo stop del paese per altri sei mesi. Se ne deduce che chi le chiede non lo fa certo per il bene dell’Italia. Attenzione però. Ciò non vuol dire che chi non le chiede e invoca governi di transizione lo faccia per il bene del paese! Anche lì, tra chi parla di aree di responsabilità e stronzate varie, le parole d'ordine sono speculare e incassare vittorie personali. E allora? Dove sta la verità? Chi può dirlo!

Sono convinto che di fronte ad una brutta premessa non possono che esservi brutte conseguenze. È però fastidioso sentirsi ripetere ogni giorno, a disco incantato, che bisogna tornare subito alle urne. E non tanto per la ripetitività dell’argomento, quanto per un fatto di prerogative costituzionalmente sancite. Come si fa ad arrogarsi il diritto di dire “bisogna tornare a votare” – mi riferisco all’uomo dal dito medio, che arriva a dire “abbiamo i voti del nord” quasi fosse diventato il suo padrone – quando la Costituzione prevede che il potere di sciogliere le Camere spetta al Presidente della Repubblica (art. 88)?

Tuttavia, quest’ultimo pare sia già andato in pensione. E non mi riferisco ad un alberghetto, ma al fatto che pare abbia mandato in pensione il suo ruolo istituzionale. Durante il marasma degli ultimi giorni, Napolitano è andato a Stromboli. In vacanza, dicono gli esperti. Secondo me, per abituarsi all’illusoria quiete offerta dai vulcani, visto che proprio adesso, caro Giorgio, sei seduto su di un cratere in procinto di esplodere.

AV

venerdì 6 agosto 2010

Osteria Montecitorio

Alcuni momenti topici della classe politica italiana
Durante il voto sulla sfiducia al sottosegretario Caliendo se ne sono viste delle belle. A poco più di due anni dalla caduta del governo Prodi, i nostri dipendenti politici continuano a trattare il Parlamento come l’osteria del porto. Chi non ricorda l’allora senatore Nino Strano con mortadella e spumante in aula alla caduta del governo di centrosinistra, pulloverino rosso sulle spalle stile passeggiata domenica sera a Taormina. Un gesto futurista. Dannunziano, forse. Cafonal, aggiungerei. “Checca squallida”, urlò al senatore Cusumano che si apprestava a votare la fiducia al governo Prodi. Mah!? Non entrerà mai più in Senato, tuonò qualcuno dell’area finiana. In Senato no, ma nella giunta regionale siciliana come assessore al turismo sì. Per non parlare del fatto che il signore abbia un procedimento penale in corso per abuso d’ufficio durante la sua attività nella gloriosa e vulcanica giunta catanese di Umberto Scapagnini.

L'altro ieri il sequel della saga. Inutili i richiami del Presidente della Camera - boni che “siamo in diretta televisiva” (chissà cosa avviene quando non lo sono). Ritegno e pudore sono ormai banditi a Montecitorio e a Palazzo Madama. L’onorevole - ovvero uomo degno di onore e di rispetto - Martinelli (Pdl) lancia all’ex collega Di Biagio (Futuro e Libertà) la tessera che i deputati usano per votare. «Merde, merde, sono delle merde...» dice prima di uscire dall’aula, rivolgendosi ai finiani. Mentre, nella foto che lo immortala qualche istante prima, pare dire: «ti faccio un culo così». Altre fonti gli attribuiscono la frase: «ti faccio un culo a tarallo». Che tenero! Daniela Santanchè, intanto, viene inquadrata mentre rientra in aula. Ha un'aria stordita. Si sistema i capelli quasi avesse ricevuto un ceffone in Transatlantico. Entra Silvio. Subito gli si avvicina il deputato leghista Gianluca Bonanno, suo collega cabarettista noto per le performance a Pomeriggio 5 (trasmissione di approfondimento dell’ignoranza di Canale 5). Gli stringe la mano con ammirazione (forse per i duetti con Apicella). Applausi. Cori da stadio. “Silvio, Silvio”, gridano i berluscones. “Duce, Duce” grida un gruppo di nostalgici. I leghisti non sono da meno. Loro che sono nati a Pontida, dove lo si ha sempre duro, inneggiano a Bossi, leader maximo della rivoluzione padana (mai rivoluzione fu così lenta a farsi). Che estasi! Per gli amanti del calcio e delle risse questa sì che è politica. Donne parlamentari (Saltamartini, Pdl) che danno pugni ad onorevoli di sesso maschile (Barbato, Idv ). Per non parlare dei vaffa e vada a farsi fottere di Vendola e D'Alema a Ballarò.
La mozione non passa. Si discute di governicchi e governi di transizione. Nasce la nuova area di responsabilità. Quella fatta dai partiti che ospitano i Cuffaro. Di quelli che invocano la moralità in politica mentre si riprendono il catanese Strano tra le proprie fila. Insomma, un vero e proprio fronte della responsabilità! 

AV

giovedì 5 agosto 2010

I nostri giornalisti preferiscono i letamai

Beppe Grillo presenta il simbolo del Movimento
È proprio vero. A moltissimi giornalisti piacciono fango e letamaio. Ci sguazzano dentro come maialini. E non mi riferisco a chi “monta le campagne di fango e di odio” - come direbbe Berlusconi - ma al fatto di voler dare risalto a certe notizie piuttosto che ad altre.
Qualche giorno fa, col "comunicato politico numero trentaquattro", Beppe Grillo annuncia dal suo blog che il Movimento 5 Stelle (mezzo milione di voti alle scorse regionali, mica cotiche!) presenterà propri candidati alle elezioni comunali del 2011 e a quelle politiche del 2013. Da giornalista provetto, la definirei una notizia importante. Soprattuto per il nuovo approccio alla politica del Movimento, ovvero quello della democrazia liquida e partecipativa. Un approccio che muove dal basso, coinvolgendo cittadini di qualsiasi estrazione sociale e professionale purché competenti e in grado di fare politica in nome del bene comune. Un movimento che sceglie di candidare gente incensurata, il che non è poco nell’Italia dei Previti, dei Dell’Utri e dei berluscones. La reputo una notizia importante anche perché si tratta di un qualcosa che alle regionali dello scorso marzo ha sbancato con un pacco di voti, rifiutando qualsiasi rimborso elettorale (1.700.000 euro, mica cotiche!). Per di piú, si tratta di un movimento e non di un partito da mausoleo come quelli che ci apprestiamo a seppellire nel triste pantheon della seconda repubblica. Ed infine, last but not least, la definirei notizia importante visto che il Movimento, a differenza degli altri partiti, ha preso tutti quei voti senza uno straccio di copertura mediatica. E questo sempre per il teorema che i nostri media preferiscono di gran lunga fango e letamaio. Fa più notizia!

Tra l’1 e il 3 agosto, nessun giornale, TG, radio o sito ha dato copertura adeguata al comunicato politico trentaquattro. Qualche foto e due righe lette da un giornalista appositamente scazzato sui telegiornali nazionali; in fondo ai siti delle principali testate online; nelle emittenti radiofoniche nemmeno a parlarne. L’unico è stato Il Fatto Quotidiano che ha voluto dedicare la homepage del proprio sito al M5S con tanto di intervista a Beppe Grillo. E gli altri che facevano? Si occupavano compiaciuti dell’elezione di Vietti al Csm. Parlavano di P3, Caliendo e Verdini smontando i cosiddetti teoremi dei giudici. Si occupavano di tatticismi politici e di quelle analisi autoreferenziali sul futuro del governo e del paese. Di terzo polo e mozioni di sfiducia. Mica cotiche!

Per dirla in breve, si vuol sempre e solo dar spazio alla vecchia aria da letamaio. E' perfino meglio raccontarci ciò che avviene nelle stalle di palazzo piuttosto che parlarci delle novità, nel bene o nel male, che muovono la società italiana.

AV

martedì 3 agosto 2010

Bell'affare centrista al Csm

Napolitano e il nuovo presidente del CSM Vietti
Quest'oggi, il tg l'ho pututo ascoltare solo in radio. Un telegiornale a tutti gli effetti, per carità, ma senza immagini. Una caratteristica, quest'ultima, che può comportare qualche problema. Specie per chi, come me, ha una pessima memoria nel ricordare i nomi e nell'associare questi ultimi a dei volti.
Notizie del giorno: l’anniversario della strage di Bologna e l'assenza del governo alle commemorazioni per la prima volta nella storia; una buona dose di “I finiani e l’odissea Berlusconi”; un altro pizzico di fango su L’Aquila post-terremoto; un assaggio della vicenda P3 e la sfiducia a Caliendo. Forza dell’abitudine, ma le mie orecchie si sono ormai assuefatte a questa latrina di eventi. Tutto nella normalità, quindi.

Tutto tranne l’elezione del vicepresidente del Csm. Sentivo parlare da giorni di questa fatidica elezione dei membri laici – chissà poi perché laici - del Consiglio Superiore della Magistratura. La sentivo sollecitare dal Quirinale. “Arriverà senz’altro prima della chiusura dei lavori parlamentari”, facevano sapere Fini e Schifani. Ed in effetti l'elezione c'è stata. E con essa anche quella del suo vicepresidente. “Michele Vietti è il nuovo vicepresidente del Csm”, esclama il giornalista alla radio. Il nome non mi è nuovo! Ma con l'handicap dell'assenza di immagini non ho alcun volto da associare. Comincio a fare alcune ipotesi su chi fosse questo Vietti. La piú accreditata: “l'ennesimo al soldo di qualche partito”. In serata ho finalmente la possibilità di accendere la TV. “Michele Vietti è il nuovo vicepresidente del Csm. Il servizio”, annuncia il giornalista. Ed eccolo apparire davanti ai miei occhi! Altro che sconosciuto! L'uomo di Casini è piú che noto! Ed ecco tradursi in fatti anche la solerzia delle tre più alte cariche dello stato nel chiedere il rinnovo del Csm: eleggere a vicepresidente un ex sottosegretario alla giustizia che patrocinò il falso in bilancio nel secondo governo Berlusconi.

Che dire! Pare che baffuti, trapiantati o futuristi che siano, si stiano tutti affollando a corteggiare i centristi. Indipendentemente dalla loro specie.

Dimenticavo anch'io. Altra notizia del giorno la discesa in campo del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Peccato sia passata in sordina. Mi chiedo come mai!

AV