domenica 26 dicembre 2010

AUGURI SCOMODI

Su suggerimento di un caro amico pubblico degli auguri scomodi. In questi giorni di festa è facile abbandonarsi alla retorica e alle banalità più scontate. L'autore di queste parole, quanto mai attuali, è l'indimenticato Don Tonino Bello, vescovo di Molfetta morto nel 1993. Buona lettura e auguri!

Auguri scomodi

Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo.

Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario.

Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.

Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali

e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.

Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.

I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.

Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano.
Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.

I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge ”, e scrutano l’aurora,

vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio.

E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.

Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.

Tonino Bello

lunedì 13 dicembre 2010

Il sacrificio della patria nostra è consumato

Raffello - La Giustizia (1508). Musei Vaticani
Cos'è accaduto? Beh, cos'è accaduto ce lo diranno i posteri. Saranno loro a dirci quanto in mala o in buona fede è stata la rottura nei confronti dell'attuale maggioranza parlamentare portata avanti da Gianfranco Fini. Adesso siamo alla fase successiva, anche se è un film già visto, per certi versi. Non sono passati nemmeno tre anni da quando pazientemente con carta e penna seguivo in tv il dibattito sulla fiducia al governo Prodi a Palazzo Madama. Carta e penna sui quali annotavo i sì e i no. Una conta sul filo del rasoio. Oggi come ieri, la storia si ripete. Quei tre, quattro, sette stronzi di turno ci sono ancora. Cambiano i nomi, ma la sostanza resta. Eppure, da Giolitti in poi la nostra è una storia di trasformisti e cambiacasacca. Una storia ispirata al proverbiale "zoccu diciunu a matina n'agghiorna a sira", quello che dicono di mattina la sera stessa non conta più. E così anche domani il sacrificio della patria nostra sarà consumato. Impensabile che a distanza di nemmeno tre anni la maggioranza più grande della storia repubblicana faccia la stessa fine che ieri fece la maggioranza più striminzata dal dopoguerra in poi. Voti col contagoccia e patema d'animo per i cittadini, gli unici in apprensione mentre il paese va a puttane.

Se l'Italia fosse un paese normale, così come tre anni fa uscì di scena colui che ha caratterizzato la storia del centro-sinistra durante la seconda repubblica - Romano Prodi - allo stesso modo domani dovrà uscire di scena colui che ha caratterizzato la storia politica del centro-destra nello stesso arco temporale. Un'uscita di scena doverosa, visto il fallimento come statista - quale Berlusconi si proponeva di essere - e come leader politico. Al di là del conto giudiziario, è giunto dunque il tempo di presentare il conto politico al detrattore del centro-destra italiano. Purtroppo però, essendo l'Italia lo stesso paese che ha consentito ad un uomo plurindagato di governare per ben tre volte, la normalità in politica non è invocabile. Per domani, Berlusconi farà di tutto per ottenere la fiducia. Anche se striminzita. Avrà così la sua vittoria di Pirro, sport preferito dai peggiori statisti della storia. Finalmente, schiaffeggierà l'eretico Fini e tutti quelli che hanno provato a togliergli la poltrona da sotto il sedere. Quella poltrona diventata da troppo tempo il suo unico e vero scudo giudiziario.

In realtà, Berlusconi fuori dalla scena politica, come sarebbe normale a 16 anni dal famoso annuncio "per un nuovo miracolo italiano", è  un gallo senza cresta. Ma soprattutto, un Berlusconi  fuori dalle istituzioni del nostro paese è un Berlusconi nelle aule di tribunale. E il voto di domani non farà che confermarlo. Quella di domani non è una fiducia sul governo, ma sulla persona. Solo della persona importa. Tutto il resto è contorno, direbbe qualcuno. Tutti sanno che il buen retiro che lo aspetta non si chiama Arcore ma San Vittore. Tutti sanno che lo stare in politica gli consente di stare sopra la legge, come dimostrano le quaranta e più leggi vergogna ad personam. Se domani incasserà quella risicata fiducia, l'indagato Berlusconi ci trascinerà per l'ennesima volta nell'ennesimo referendum sulla sua persona in cui ha trasformato le campagne elettorali dal '94 in poi: con me o contro di me. Un referendum che invece andrebbe letto come "o mi mandate in parlamento o finisco dietro le sbarre", e che solo un analfabeta non sarebbe in grado di leggere ed iterpretare così.

Da domani può cambiare la storia. Potrà esserci irrealisticamente una nuova Hammamet. Stavolta ad Antigua. Più verosimilmente potrà esserci un Berlusconi quater alle idi di marzo. Oppure, potrà esserci una nuova Piazzale Loreto meno vergognosa, da tenersi nelle aule dei tribunali. L'unico vero strumento rimasto per ripristinare democrazia e legalità in questo paese. 

AV

venerdì 10 dicembre 2010

Diario della Crisi. 4^ Puntata - Crisi finanziaria e d'immagine

Richiesta di dimissioni dell’On. Razzi da parlamentare in seguito al suo passaggio dall’IDV al centrodestra

A richiesta degli interessati e in seguito al mercato delle vacche e della latrina in cui si è trasformato il nostro un tempo onorabile Parlamento, pubblico il seguente documento.

“Siamo certi che i tantissimi militanti e sostenitori dell’Italia dei Valori all’estero insieme al proprio disgusto per il passaggio di Razzi alla coalizione berlusconiana, confermano il proprio convinto sostegno ad Antonio Di Pietro per la coraggiosa e doverosa battaglia che l’IDV conduce in parlamento da sempre con linearita’ e chiarezza unica.Un’opposizione da sempre senza se e senza ma per un’Italia migliore. La lettera scritta da Razzi e diretta ad Antonio Di Pietro per spiegare il suo abbandono e’ ricca di rancori mascherati da vittimismo. Cio’ che resta inspiegato, guarda caso, e’ il suo passaggio con Berlusconi. Se Razzi intende votare la fiducia al governo o astenersi il 14 dicembre, gli chiediamo di avere la decenza di dimettersi da parlamentare. C’e’ un singolo italiano eletto all'estero che abbia votato Razzi, candidato dell'Italia dei Valori, pensando che lui un giorno avrebbe potuto sostenere un governo guidato da Silvio Berlusconi? Siamo davanti ad un caso di totale tradimento della fiducia dell’elettorato, fatto gravissimo di cui Razzi si dovrebbe solo vergognare.”

Manfredi Nulli
Resp “I Giovani e l’Europa” Dipartimento lavoro-Welfare 
IDV Londra

Massimo Bernacconi
International Officer 
IDV Bruxelles
9/12/2010

venerdì 3 dicembre 2010

GRAZIE MAESTRO!

Può darsi che il gesto del suicidio rimanga una questione irrisolta, specie per i cattolici. Tuttavia, questo non può dare a nessuno il diritto di oscurare completamente la figura di Mario Monicelli. Un maestro del cinema italiano che tanto ci ha regalato e tanto ha dato alla nostra amata Italia. Eppure, in questi giorni di lutto per il cinema italiano, il viziaccio maledetto è tornato: buttarla in politica. Mi chiedo come si possa commentare la morte di un grande del cinema dovendo affrontare per forza il delicato tema del suicidio. Ma soprattuto, mi chiedo quale sia il filo logico che consente di passare dal dibattito sul suicidio a quello sull'eutanasia. Come si fa, nei giorni in cui dovremmo ricordare chi ha dipinto vizi e viziacci della nostra penisola in maniera così pittoresca, rispolverare la terribile canzone Canto per la Vita, cantata qualche anno fa dagli stonati Bondi, La Russa e Castagnetti? Come si  può di fronte alla morte di uno dei pilastri della cultura italiana contemporanea? Come!? Eppure è successo. Radicali e pro eutanasia da una parte, cattolici e pro vita dall'altra. Il tutto in assenza del vero oggetto del dibattito: il maestro. Tuttavia, questi sciacalli non sono figli unici. Sono convinto che la politica sia lo specchio della società. E anche stavolta me ne è stata data la conferma.

Due giorni fa in occasione di un concerto organizzato dall'Istituto di Cultura Italiana di Istanbul a Gaziantep, in Turchia, ho chiesto ad uno dei presenti se non fosse stato il caso di omaggiare il maestro, dedicandogli una canzone. Il signore con accento romano mi risponde di no. "Perchè?", chiedo stupito. Si tratta di Monicelli mica di Neri Parenti, con tutto il rispetto. "Macchè, quello è morto suicida!" mi risponde. "E che c'entra?". "Pavarotti è stato du anni nel letto prima de morì. Ha scelto de rimanere e soffrire". "E Monicelli ha scelto di morire", rispondo io, "Non vedo qual'è il problema!". "Eh no! Perchè questi sono gesti che poi a gente imita. Gli artisti devono dare il buon esempio e comportarsi di conseguenza". Come dice Santa Romana Chiesa, avrebbe aggiunto se non lo avessi interrotto dicendogli: "guardi che l'arte è laica". 

Che la politica affronti la morte di un grande del cinema italiano con riferimento al gesto estremo, dividendosi come al solito tra guelfi e ghibellini, non mi sorprende. D'altronde, noi siamo il paese in cui ci si divide su tutto. 

Aspettiamoci nel futuro schieramenti opposti su tutto. Nella vuotezza della politica e della società stiamo ancora a creare inutili squadre. Non escluderei che nel futuro ci si divida seriamente in Parlamento tra chi vuole mettere la cipolla nella carbonara e chi no.

Insomma, la vita e la morte di Monicelli non possono essere oscurate da quel gesto. Nemmeno per un attimo. Bastava solo un semplice grazie maestro. Ma anche qui il paese ha fallito.

AV

Diario della Crisi. 3^ Puntata - Il caso Wikileaks

domenica 28 novembre 2010

L'11/9 della diplomazia internazionale

Questo governo non mi piace. Non mi piace ciò che rappresenta e chi lo presiede. In politica estera, ieri (2003, Iraq) come oggi sono state fatte scelte inopportune ed incongruenti con la storia della nostra pur contraddittoria diplomazia. Tuttavia, per una volta, mi trovo d'accordo con quanto affermato da un esponente di questo governo. Mi riferisco alle parole del ministro Frattini quando afferma che la pubblicazione di file segreti fatta da Wikileaks in queste ore è l'11/9 della diplomazia internazionale. Nonostante, infatti la massa (e i giornali in questo gli fanno da spalla) sia più attenta al fatto che Berlusconi venga descritto dalla diplomazia americana come un "vanesio" e come l'uomo delle "feste selvagge", nessuno si rende conto che Wikileaks ha scatenato una potenziale Nagasaki dalle conseguenze imprevedibili. Ritengo che la libertà di informazione sia un valore fondamentale, ma se questa rischia di mettere a repentaglio la sicurezza internazionale e con ciò le vite di milioni di persone, allora sono il primo a dire fermatevi! Dietro quei documenti infatti non c'è solo il bunga bunga o il fatto che Gheddafi sia ipocondriaco. Su questi commenti è facile passarci sopra. Si può rimanerne offesi, ma non al punto da meditare vendette e scatenare attacchi (anche se come pretesti sarebbero ottimi, la storia ci insegna). Ma se si scopre che l'Arabia Saudita riteneva giusto  attaccare l'Iran e che quest'ultimo assieme alla Corea del Nord commercia armi per colpire l'Europa, siamo ben al di là della rivelazione di semplici pruderie. Altro fatto preoccupante. Pare che parlando con il nostro ministro degli esteri Frattini a Roma, il segretario americano alla difesa Robert Gates avrebbe detto che se non si ferma l'Iran entro 4-5 anni il mondo potrebbe essere un posto completamente diverso. E vi lascio immaginare perchè. E ancora. L'Europa - dove gli Stati Uniti vengono a fare tutti i loro porci comodi da decenni - pare non essere essenziale per la politica estera  di Washington (anche se serve ed è servita per mandare truppe e mezzi, in Afghanistan oggi e in Iraq ieri).
Detto ciò, ci avrei pensato più di una volta prima di scatenare i disguidi che potrebbero riguardare i membri della comunità internazionale da oggi in poi. E questo a causa dell'eccessiva libertà di stampa e diffusione di informazioni top secret che contraddistingue quest'epoca. Pensiamo a cosa sta accadendo in questi giorni tra le due Coree. Se scopriamo che Pechino è uno snodo per lo smercio di componenti di missili balistici tra la Corea del Nord e l'Iran, quanto c'è da star tranquilli?
Qualcuno un domani si assumerà la responsabilità di quanto accadrà. Gli uomini di governo in primis. Anche Wikileaks. Che in tutto ciò ha almeno un pregio. Averci rivelato nelle mani di quali menti scellerate è oggi il mondo in cui viviamo.
A questo punto non resta che attendere e gustarci l'amaro film dell'11/9 della diplomazia internazionale. 

AV

domenica 21 novembre 2010

I diritti del fanciullo? Cambiare l'immagine su FB ...

Una ricorrenza importante come quella dell'approvazione della convenzione ONU sui diritti dell'infanzia ha letteralmente trasformato FB. Per ricordarla migliaia di utenti hanno sostituito l'immagine del profilo sul popolarissimo social network con quella di un cartone animato. Un modo per non dimenticare? Forse. Tuttavia, non ritengo possibile demandare l'impegno a tutela dei più deboli - in questo caso i minori - al semplice cambiamento di un'immagine. Non per rompere le uova nel paniere, ma ritengo l'iniziativa di un'ipocrisia inaudita.  Una campagna talmente ipocrita che nel giro di pochi minuti ha mostrato la sua debolezza trasformandosi in un memorial di sigle dei cartoni animati. Bellissimo momento nostalgico, per carità. Ma dei diritti del fanciullo nemmeno l'ombra. A mio avviso, l'accaduto mette in luce molti aspetti. Il primo è la induscutibile potenza mediatica del vettore che lancia il messaggio (cinema, tv, videogiochi, siti web, ecc.). La seconda cosa è  la facilità emotiva con cui riusciamo a farci trasportare dai mass media. Lo facciamo istintivamente, senza fermarci a ragionare. Riusciamo a ricordare una convenzione importante come quella del 20 novembre 1989 solo se ci chiedono di cambiare l'immagine del nostro profilo con quella di un cartone animato.  Dimostrazione che oggigiorno tutto diventa serio soltanto se diventa gioco, se ti diverti e non ti annoi. 
Ma perchè tutto questo (mio) rumore per nulla? Perchè l'episodio è il sintomo di come riusciamo ad appassionarci ad un problema solo se questo ci viene proposto con tanto di pubblicità e di emotività. Anche solo per un istante. Poi, di nuovo tutto alla normalità. Il risultato? Che nessuno sa cosa sia quella convenzione, cosa sancisca e quali diritti abbia un bambino. Molti e molte tra quelli che hanno cambiato l'immagine del proprio profilo avranno inculato i propri figli davanti alla televisione o alla playstation per pomeriggi interi, negando di fatto numerosi articoli della carta.
Internet, FB o qualsiasi mezzo mediaticamente potente può avere infatti l'effetto contrario di farci riprodurre scemenze immani usando come pretesto fini particolarmente nobili. A questo punto, mi chiedo se è possibile eliminare la povertà anche solo scrivendo un articolo su un blog. Mi chiedo se si può combattere la violenza sui minori pubblicando link su FB. Se si può lottare contro la mafia semplicemente impostando la foto di Paolo Borsellino come immagine del profilo sul social network di turno. Io dico di no. Quelli sul web non sono gesti materiali e concreti e, se mi permettete, la realtà è ancora fatta da gesti reali e concreti.  Stare  a casa dietro uno schermo non è affatto sintomo di azione.
Concludo citando l'articolo 23 della Convenzione:

i fanciulli mentalmente o fisicamente handicappati devono condurre una vita piena e decente, in condizioni che garantiscano la loro dignità, favoriscano la loro autonomia e agevolino una loro attiva partecipazione alla vita della comunità
Ebbene, qualcuno (me compreso) avrebbe potuto, proprio in questi giorni, lanciare una petizione contro l'immane scempio di costituire classi separate per i bambini disabili proposto dalla Lega a Udine. Un fatto questo che nega quell'articolo 23 della Carta di cui sopra. E tuttavia, con un'iniziativa del genere come faremmo a cambiare l'immagine del nostro profilo Facebook? 

AV

sabato 6 novembre 2010

Berlusconia

A Berlusconia può succedere di tutto. Puoi svegliarti la mattina e dire che la mafia ti manda le escort a casa per poi ricattarti. Puoi anche dire che abolirai il cancro. Puoi persino spingerti a dire che il cancro è la magistratura.

Vedete, a Berlusconia si possono anche evadere le tasse e dire che sono troppo alte. Puoi anche far rientrare i capitali dall'estero pagando soltanto il 5% sul totale. Berlusconia è meravigliosa! Lì puoi chiamarti utilizzatore finale se vai a mignotte e compiacere Sua Santità dicendo meglio andare a puttane che frocio! Inoltre, a Berlusconia puoi nominare le migliori gnocche all'interno delle assemblee pubbliche e far emigrare all'estero i cessi e quelli che hanno studiato.

A Berlusconia hai fatto un miracolo anche solo dicendolo. Ricostruisci paesi distrutti dal terremoto dall'oggi al domani. Spazzi via i rifiuti dalle strade anche solo a pensarlo. E' questa la nuova frontiera dell'ambientalismo! Puoi dire che i termovalorizzatori non sono dannosi per la salute e farlo annunciare da oncologi di primo piano. E puoi anche nominare questi oncologi ai vertici di agenzie nucleari. Puoi mettere nel tuo governo chiunque, senza distinzione di ceto, e questo perchè tutti sono uguali! Ad esempio, giusto per dirne una, cos'ha di meno rispetto ad un altro un sottosegretario camorrista? Nulla! Berlusconia è ugualitaria proprio per questo.

A Berlusconia i giovani fanno la gavetta andando alle serate in lista e vestendo rigorosamente come Costantino Vitagliano. Qui tutti si mettono in fila per farsi selezionare in un qualsiasi ingresso. Mica entra chicchessia. Solo gente selezionata!

A Berlusconia non si leggono libri, non si guardano telegiornali e l'unica Maria che venerano di cognome fa De Filippi e va in onda alle tre su Canale 5. A Berlusconia l'istruzione è leggera. Mica quei tomi di una volta. La cultura è stata stravolta da una ventata di freschezza. Basta con  la Normale di Pisa, l'Orientale di Napoli e la Bocconi. La nuova frontiera dell'istruzione universitaria si chiama Cepu. Basta con il Devoto-Oli. Oggi  ci sono i più economici e snelli Chi e Novella 2000.  Per non parlare dell'immagine! Stop ai randagi puzzolenti, rasta e con le barbe lunghe. Via gli sfigati con le magliette anonime. Qui ci si lampada e le sopracciglia vanno rifatte. Oltra al trapianto di capelli e all'impianto idraulico, beninteso.

A Berlusconia si pensa solo al futuro.  Se le ragazze vogliono fare carriera, basta dirlo e c'è una soluzione unica per tutte. Basta con questi distinguo. Mi laureo lì, mi specializzo in questo, studio per fare questo. Basta sposare uno ricco! E poi, a Berlusconia tutto è più facile! Per esempio, se devi presentare il tuo curriculum lo presenti a metà. Solo culum, niente curri!

A Berlusconia hai anche la fortuna di poter avere le centrali nucleari. Magari proprio vicino casa tua, come in un episodio dei Simpsons! Inoltre, qui si ammazzano i sindaci che rompono le palle con l'ambiente. Oppure, se proprio non li si possono uccidere, si destituiscono dal loro incarico.

A Berlusconia il motto è: "via il vecchio e avanti il nuovo". Gli scavi di Pompei? Possono pure crollare! Cartacce e statue mozzate a Villa Borghese? Chi se ne frega! Tanto c'è Arcore, la Costa Azzurra e il nuovo rifugio ad Antigua! E poi c'è il ministro della cultura, Sandro Bondi.

A Berlusconia ci sono anche i supereroi. Mangano e dell'Utri, per citarne due a caso.  Anche l'amore è diverso! Un pò libertino e un pò bucolico! Per esempio, ci sono Apicella, Fede e Mora che mangiano ciliegie insieme a belle ragazze, guardandole negli occhi e cantando loro degli stornelli., senza toccarle però! Qui c'è l'Italia multiculturale con donne da tutto il mondo che possono fare carriera! Altro che Stati Uniti e American dream! Il melting pot? Qui neanche lo vediamo! Le differenze tra maggiorenni e minorenni? Macchè! Tra maggiorate e minorate? Quelle sì. 

A Berlusconia puoi evitare di rispondere ai giornalisti, se proprio non vuoi. O se proprio vuoi, ma non hai tempo, puoi sempre dare la risposta breve, esibendo semplicemente il dito medio.

A Berlusconia, c'è sicurezza! E questo perchè i criminali ormai li trovi facilmente. Basta che siano extracomunitari!

A Berlusconia regna la pace. Non c'è opposizione. Lì puoi dire e fare quello che vuoi. Puoi possedere televisioni e giornali, avere tanti interessi e fare addirittura politica. Qui a parte le droghe, non ti è proibito niente! Puoi fare tutto! Ma tutto, tutto. Puoi fare il governatore che va a trans. Quello eletto con una maggioranza e che poi governa con un'altra. Puoi fare il primo cittadino incompetente, basta che lo dica La Russa. Insomma, a Berlusconia c'è davvero da sbizzarrirsi! Credetemi.

Qui non ci sono i noiosi proverbi ma solo divertenti barzellette. I capi di stato si accolgono col cucù. Finiamola con tutto questo protocollo. Boutade: questa è la diplomazia del XXI secolo! Nuovi Bush Jr e Blair vogliono andare in guerra? Tranquilli c'è Berlusconia a sostenervi! Nuovi Putin e Gheddafi si aggirano sullo scacchiere internazionale? Tranquilli, venite qui! Perchè qui, in questa terra di libertà,  tutto è possibile. Dalla 'ndrangheta all'Expo alle chiamate alla questura, alle frequentazioni con la nipote di Mubarak. Dove lo trovi un paese libero come questo? E poi, qui c'è il bunga bunga!

AV

venerdì 22 ottobre 2010

Uomini di monnezza ...

Rifiuti di una terra appestata.

Rifiuti di morte. Di cancro. Di tumore.

Rifiuti di un ambiente deturpato e che per decenni si vedrà il suolo devastato.

Rifiuti che uccidono. Tranciano e spezzano vite come falci.

Recidono le radici e spingono a scappare. Emigrare. Fuggire.

Rifiuti umani in auto blu che ti privano di ogni identità.

Pena infernale da girone dantesco.

Una condanna immeritata per chi non ha colpe!

Giovani con il pezzo di carta e con le pezze al culo.

Giovani e fresche menti che vorrebbero nutrire la martoriata terra di linfa nuova.

E invece lei fuma.

Fumo di pistole. Fumo di cassonetti. Fumi di discariche. Fumi di contrabbando.

Fiumi e fiumi di sporcizia. Monnezza umana in giacca e cravatta.

Rifiuti tossici e pericolosi come quelli che producono.

Colletti bianchi pericolosi come discariche abusive.

Politici abusivi, indegni, fetenti, strunz!

Politica che fa il paio con camorra, mafia e ‘ndrangheta.

Altra monnezza. Montagne di monnezza umana. Rifiuti incivili della società.

Un giovane piange dentro di sè.

Una madre piange sul suo volto.

I bambini si ammalano ma non lo sanno.

Ed anche la vecchiaia trascorre tristemente. Ultimo regalo delle monnezze umane.

Camorra e monnezza. Politica e monnezza. Si assomigliano tutte e tre. Sono la stessa cosa.

Si fidavano di loro. Di lui, grande prestigiatore di antigua stirpe.

Ma il tempo è morto. O voi o noi.

Brucia il tricolore nella borbonica e periferica Napoli. Ostello di reietti e crogiuolo di malaffare.

Ma gente affamata di monnezza non ce ne sta più, e forse Napoli si sveglia …

mercoledì 20 ottobre 2010

Altro che Grande Fratello. Grande Vergona!

Credo che quanto andato in onda lunedì scorso su Canale 5 sia davvero, come scrive Sonia Alfano sul suo blog, Grande Camorra. Parliamoci chiaramente, viviamo nell'idea che ormai tutto è possibile in una società mediatizzata come la nostra. E' pure possibile portare il figlio di un camorrista all'interno di un reality show di punta come il Grande Fratello. Nonostante la camorra vada condannata in tutto e per tutto, ce la ritroviamo nostro malgrado sbattuta in prima serata su Canale 5, con il figlio di un camorrista tra i partecipanti al programma. Un ragazzo che sta lì non per chissà quali doti, per chissà quale scoperta scientifica o perchè protaganista di chissà quale prodezza o atto civile in grado di distinguerlo dal padre. Il ragazzo non è lì per marcare la sua diversità rispetto al genitore. E' lì per testimoniare il fatto di essere il figlio di un pregiudicato. E' lì perchè si vuol far passare il messaggio che anche il figlio di un camorrista può fare televisione. Ritengo grave l'aver permesso al figlio di un delinquente di partecipare ad un reality, specialmente se questi, rispetto al padre, non è portatore di valori nuovi e positivi. Si tratta di un commesso come mille altri in Italia, perchè scegliere proprio lui, Ferdinando Giordano?
Credo che questa sia la seconda volta che Canale 5 faccia passare un messaggio del genere. Lo fece già qualche tempo fa con la fiction su Totò Riina. Grazie ad essa vi fu una leggittimazione subdola della figura del mafioso, del capo clan, del boss. Una leggittimazione avvenuta già col titolo: Il Capo dei Capi. Non è stata affatto ricercata un'altra strategia linguistica per descrivere un personaggio che si è macchiato di infami delitti e che è stato una piaga per la terra di Sicilia. E questo perchè il titolo è volutamente quello. Grazie a quella fiction nacquero moltissimi gruppi su Facebook, con giovani che inneggiavano alle gesta dell'eroe Riina, il capo dei capi.
A questo punto mi chiedo: cosa ci rimarrà alla fine di questo camorra show? Gruppi su FB inneggianti a Sandokan e ai Casalesi? Forse no. Ma di sicuro ci rimarrà l'idea che il figlio di un camorrista non è poi un figlio cattivo, una persona così malvagia. Si dirà che tutto sommato chi viene educato in un ambiente camorristico non è poi così male.
Eppure c'è chi oggi continua a combattere contro le mafie, chi si è visto ammazzare la famiglia da cosa nostra, come Sonia Alfano o Rita Dalla Chiesa che lavora per la stessa rete, che potrebbero infastidirsi e indignarsi nel dover accendere il lunedì sera la tv, passare per caso su Canale 5 e vedere il figlio di un camorrista giocare a farsi riprendere dalle telecamere.
Ma la cosa ancor più grave è che quella è la rete di Silvio Berlusconi, primo ministro di questo paese. E' la rete della stessa persona che non ha speso nemmeno una parola per Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso dalla camorra. E' la rete della stessa persona che qualche giorno fa non si è recato in Calabria per commemorare Francesco Fortugno, il vicepresidente del Consiglio Regionale ucciso dalla 'ndrangheta. E' la rete del Berlusconi che mai si è recato ad una commemorazione per ricorrenze come quelle della strage di Capaci o di Via D'Amelio. E' la rete di chi non ha mai condannato con parole forti la mafia ed ha sempre attaccato l'operato di magistrati e giudici. E' la rete di chi proclama Riina e Mangano come eroi. E' la stessa identica rete. A casa mia, uno più uno fa due. Chi ha un comportamento pubblico del genere deve per forza costruire un contesto ed un contorno che leggittimi il suo pensiero. La mia visione è che Berlusconi, rappresentando il fuorilegge, ha bisogno di leggittimare chi non rispetta leggi e regole. Evasori, camorristi o piduisti. Sarà una tesi azzardata, ma con quest'edizione del GF è andato in scena il peggiore utilizzo che Berlusconi potesse fare dei suoi mezzi televisivi.

martedì 5 ottobre 2010

Ricordando Angelo Vassallo e l'ultimo regalo di Scajola alla Sicilia.

Un mese fa moriva Angelo Vassallo, il sindaco ambientalista ucciso dalla camorra per aver fatto troppo bene il sindaco. Una morte, quella di Vassallo, che però non può e non deve essere attribuita soltanto alla criminalità organizzata. Così come accadde durante gli anni delle stragi di mafia, le colpe vanno infatti individuate anche nell’assenza dello stato – assenza nel tutelare oggi gli amministratori locali più virtuosi, ieri nel difendere magistrati e forze dell’ordine. Quello di Vassallo è un omicidio di mafia a tutti gli effetti, aggravato dall’assenza di politica e istituzioni che non si sono per nulla schierate con parole nette a difesa di Angelo e di quanto da lui fatto per il comune di Pollica. Nemmeno il conterraneo Napolitano si è smosso! Solo silenzio e tanta ipocrisia laddove c’era spazio per le parole. Un bel regalo riservato dall’Italia solo ai veri servitori dello stato. Quello che sto per raccontarvi è invece il regalo che lo stato italiano, nella persona dell’ex ministro dello sviluppo economico, ha fatto ai siciliani. E si sa, Scajola di regali se ne intende.

Due mesi fa circa, mentre mi trovavo a Londra per motivi di studio, mi sono imbattuto in un articolo del FT. Parlava di petrolio e Sicilia. Due strane commistioni per chi, siciliano come me, sa che a quella terra basterebbero turismo (ecosostenibile), commercio estero (data la posizione geostrategica) e fonti di energia rinnovabili (solare, eolico, geotermico, biomasse, etc.) per farne una terra di ricchezza e sviluppo sostenibile. Invece no. Mafia e inquinamento la fanno ancora da padroni. Così, apprendo che l’ultimo regalo di Scajola prima di dimettersi è stato quello di semplificare le procedure di rilascio concessioni per la ricerca di idrocarburi. Grazie ad un decreto firmato il 26 aprile – a nemmeno una settimana dal disastro della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, come fa notare giustamente il FT – l’Italia ha regalato la splendida terra di Sicilia ad inquinamento e petrolieri. Una scelleratezza che soltanto un governo nordista, nuclearista e sfascista come questo poteva mettere in atto. Nemmeno una parola da parte della stampa nazionale troppo occupata a parlare con consueta ipocrisia del mezzanino di Scajola. Il provvedimento prevede il rilascio di 12 nuove licenze in acque siciliane alle compagnie petrolifere (tra cui l’amata Eni) e l’esclusione dei tanto ingombranti amministratori locali nel processo di negoziazione. Scajola come la camorra li ha fatti fuori. Gli vieta di opporsi a che zone come Pantelleria - dove la ADX (compagnia australiana) ha già iniziato le sue ricerche – diventino le nuove Gela o Priolo.

Oggi, anniversario della morte di Vassallo, neanche a farlo apposta, nell’ovest dell’Ungheria l’ennesima tragedia con fiumi di fanghi chimici che si riversano su un villaggio facendo morti e feriti. Le ennesime innocenti e inconsapevoli vittime di un ambiente maltrattato e stuprato.

Domenica scorsa Berlusconi arringava la folla del Pdl parlando di rifiuti e nucleare. Due tragedie, l’una presente e l’altra futura, che il videocrate preferisce usare come vessilli esemplari di un mandato tutt’altro che esemplare. Io, credo sia invece importante avere dieci, cento, mille Angelo Vassallo pronti ad impedire che scelte come quella del nucleare o delle concessioni petrolifere abbiano luogo. Bisogna sostenere le amministrazioni locali che si battono per questo. Sono loro, come noi, a vivere l’ambiente, e non coloro che lo deturpano pur di farsi un mausoleo in Costa Smeralda.

AV

martedì 28 settembre 2010

Dalla kefiah alla videocrazia


Per fortuna che ogni anno il regime videocratico più potente d’Europa ci dà un pò di tregua durante il periodo estivo. Ovvıamente l’obiettivo è quello di far mettere in pratica appreso durante l’anno videocratico ai tanti bagnanti da Fregene a Rimini passando per Taormina. Così, fatta fuorı un'estate di "bire e calippi" tornano i vari Grande Fratello, Mattino 5, X Factor, Uomini e Donne, L’Isola dei Famosi, La Vita in Diretta del premiato teleficio Raiset.
Un altro anno. Le ennesime nuove edizioni di pastoni che non hanno più bisogno di presentazioni. Avremo dı nuovo i soliti reality senza realtà pronti ad allietare giovani avvenenti, donne di mezz’età ed una folta schiera di minorenni inconsapevoli. Ma la monotonia per questo nuovo anno televisivo non è garantita affatto, visto che la presenza della fascia degli attempati, si vedra' finalmente rappresentata (altro che partito dei pensionati!) . Da Velone agli incontri senili della De Filippi nel pomeriggio videocratico, per loro si prevede una stagione di fuoco. La saggezza che un tempo trasmetteva il sol essere anziano tramonta in un secondo, giusto il tempo di fare zapping. Anche a loro – un tempo deputati a dispensare proverbiali consigli - viene adesso dettata l’agenda videocratica. Quali locali alla moda frequentare la prossima estate. Come attraccare in discoteca (senza scafo, s’intende). Per non parlare della lingerie per lei e della migliore marca di viagra per lui. Laddove l’erba più non cresce, la videocrazia riesce a far miracoli.
Essa orienta, crea mode e tendenze, snatura simboli e muta tutto in una fiction perenne. Grazıe a lei, la kefiah, da simbolo rivoluzionario può diventare accessorio mondano. Sempre grazie a lei, la percezione stessa degli eventi vıene trasformata, facendoci commuovere per tragedie lontane chilometri (il terremoto di Haiti) e restare indifferenti di fronte al cadavere in spiaggia (Napoli, luglio 2009).
Si riaccendono i riflettori dell'ormai indiscutibile vangelo degli italiani. Per una proprietà transitiva della videocrazia – se lo dice la tv è vero - riusciamo anche a credere che l’affaire monegasco di Fini sia più grave di tutte le vicende giudiziarie che vedono imputato il Cainano. Per la stessa proprietà, quello stesso popolo può riscoprirsi giustizialista, appassionarsi al giornalismo d’inchiesta di Vittorino da Feltri e ai processi in tv di Gianluigi Paragone.
È un popolo. Un esercito. Formato e asservito negli anni. Legge poco. Guarda molto. Si nutre di immagini e simboli. Non va oltre. Si ferma all’apparenza. Fa iıl tifo allo stadio come se stess andando in guerra. Sa chi ha vinto l’ultimo GF ma non chi erano Rocco Chinnici, Rosario Livatino.
A vedere bene, l’operazione intrapresa dal videonano ha sortito il suo effetto. Per fortuna eviterò di circondarmi per l’ennesimo anno di una generazione che degenera. Domani parto per la Turchia. Per fare quello che il mio paese non mi ha permesso di fare. Lavorare. Ma d’altronde, di che mi lamento, in videocrazia funziona così.


AV

martedì 21 settembre 2010

Cinismo, soldi e profitto

Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo (Museo del Novecento, Milano)
Cinismo, soldi e profitto. Sono tutti vocaboli di quel racconto che è il mondo di oggi. Non troverete mai una narrazione così spietata come quella che oggi si presenta dinanzi ai nostri occhi, alle nostre vite, alla nostra quotidianità. Non si tratta di cassandre o uccelli del malaugurio ma soltanto di fatti e realtà. La cruda realtà di un tempo che tutti viviamo in maniera piena nelle sue infinite forme e sfumature. È un cinismo smisurato che porta con sé una logica egoistica in grado di attraversare la società in maniera trasversale. Ogni sua relazione ne viene coinvolta, da quelle più intime alle relazioni professionali. Vecchi proverbi come il famoso “nessuno fa niente per niente” pronti a riempire le pagine della nostra giornata. Leggi violate. Diritti violati. Ma soprattutto, persone violate.

Per chi come me crede profondamente nel valore di cui ogni singolo individuo è portatore, il sol pensiero di vedere l’altro come oggetto di un meccanismo individuale è insopportabile. Abbiamo perso il contatto ed il dialogo, e con essi la speranza. Si intravede solo paura all’orizzonte. Del futuro, dello straniero, dell’immigrato e del diverso, oppure dell’innovazione. Di chiunque e di qualunque cosa. Una guerra di tutti contro tutti di hobbesiana memoria, il cui fine non è affatto collettivo bensì personale ed individuale. Solo uno vincerà. Che sia una lobby od una singola persona non importa. L’uno relativistico è ormai il numero di questo tempo. Siamo a livelli di povertà intellettuale, oltre che economica, inimmaginabili. Essere poveri non significa più mendicare, ma lavorare sapendo di non avere un futuro. Lavorare nella precarietà perenne che toglie identità e speranza, lavorare a basso salario vedendosi i propri diritti calpestati in una perenne Pomigliano d’Arco. Abbiamo preteso troppo da questo tempo e alla fine questo si è fermato. E noi con lui. Nessuna ricetta che possa soppiantare il vecchio capitalismo. Le idee sono ormai tramontate e con esse la speranza. Abbiamo vissuto il tempo di massima espansione economica e di massima riduzione del divario ricchi-poveri. Quel tempo è finito. La forbice tra i più abbienti e i meno abbienti si è allargata sempre di più. Un cinismo che ha reso la distribuzione delle risorse – naturali e prodotte – una sorta di corsa all’oro del Klondike.

Presto troveremo una riedizione di un racconto lontano secoli addietro. Con il principe sempre più in festa e il popolo sempre più in miseria. È una fase di transizione. Va dunque detto che prima ci renderemo conto che arriveremo ad un allargamento della forbice ricchi-poveri; prima capiremo che la classe media in cui si sono emancipati i nostri nonni operai verrà annientata; prima capiremo che il mondo si dividerà - come è stato per secoli - in sudditi e potenti; prima capiremo che stracceranno il nostro lavoro e i nostri studi gettandoli nel vortice della precarizzazione; prima capiremo che è necessaria una nuova lotta di classe per ristabilire il cammino perduto verso la giustizia sociale. Prima avverrà tutto ciò e meglio sarà.

Per farlo la parola d’ordine è sobrietà, mentre la sua traduzione in pratica sarà l’eliminazione dello straripante magazzino del superfluo. In caso contrario ci attenderanno soltanto cinismo, profitto e soldi. E questi ultimi non saranno certo per noi.

AV

mercoledì 15 settembre 2010

Prostituzione di Stato


Mi chiedo cosa ne pensano le donne del Pdl delle parole di Straguadagno? Cosa ne pensa Daniela Santanché, paladina della lotta alla prostituzione? E la ministra Carfagna? Qual è l’opinione di una donna avvenente alla guida di un ministero che promuove pari opportunità e lotta ad ogni discriminazione? Se la sente di condannare le parole del deputato Pdl? Nei giorni scorsi Stracquadanio aveva detto: per far carriera è lecito usare quello che uno ha. Quindi, il proprio corpo, il proprio potere, il proprio denaro, le proprie armi e forse anche la propria intelligenza. Insomma, come Craxi nel 93 abbatté il muro dell’ipocrisia sulla corruzione, Stracquadanio squarcia il velo sulle Messaline di Stato. D'altronde, nel verbo berlusconiano è normale che una bella donna usi il proprio corpo pur di far carriera. Vanno però evidenziate le falle di questo ragionamento che si vuole sdoganare in politica, visto che a parlare non è stato Riccardo Schicchi ma un deputato della maggioranza. L'egoismo di fondo che sottende quel ragionamento non ha infatti nulla a che vedere con lo spirito della politica: operare nell'interesse comune. Quelle affermazioni prevedono soltanto gli egoismi materiali del piacere sessuale per l'uomo e della brama di denaro e potere per la donna. In sostanza, nulla a che vedere con la funzione della politica: il raggiungimento del bene comune. Da un lato, l’uomo che vuol svuotarsi le palle con la gnocca di turno piuttosto che con la moglie chiattona, conosciuta ai tempi in cui faceva il lacchè a salario minimo. Dall’altro, l’escort a tariffario alto che aprirà le gambe per una poltrona, decretando la morte di sè stessa e del ruolo che ricopre. Ma c'è di più. Sdoganando il "te la do ut des" nelle più alte sedi istituzionali - ormai deputate a discutere di puttane e puttanate - si lancia un messaggio ad intere generazioni, con l'effetto di una vera e propria induzione alla prostituzione a mezzo stampa! 

La cosa strana è che qualche giorno fa anche la finiana Angela Napoli aveva fatto affermazioni simili. Abbattendo per prima il muro dell’ipocrisia, la Napoli disse che alcune deputate (grazie alla legge nomination) si erano prostituite pur di essere elette in parlamento. A quel punto, le si è scagliata contro una fanteria di pidielline imputtanite ed incazzate. La deputata chiede alle colleghe del Pdl perché si stiano incavolando proprio loro, visto che non aveva chiamato in causa nessun partito. Rispondono che quelle parole sono un’offesa, a prescindere. Tuttavia, giorni dopo, quando ad Angela il censore si sostitusce con più libertina legittimazione "Straguadagno", quasi scoppiavano gli applausi!

Morale della favola? È vero che sia la Napoli che Stracquadanio hanno squarciato il velo dell’ipocrisia. Ci sta pure che quasi tutte le troniste del parlamento l’hanno data al capo dei capi per essere elette. C’è però una sottile differenza tra i due approcci. Tra quello della Napoli che condanna il comportamento in sé, in nome di una politica meritocratica. E quello di Stracquadanio, atto a legittimare la prostituzione di Stato, categoria ultima di quella mignottocrazia in cui tutti, uomini e donne, hanno prostituito corpo e idee pur di arrivare.

AV

sabato 11 settembre 2010

11/9. Una data per dimenticare!

Ground Zero
Sono passati nove anni da quei tragici attentati, e come ogni anno assistiamo allo stesso spettacolo. A ridosso dell'11/9 cresce infatti l'impegno nel far crescere il livello di allerta e il rischio di attacchi terroristici. Tutti i ministri dell'interno dei paesi occidentali si accapigliano per emettere i consueti bollettini di guerra, avvertendo qua e là che la minaccia del terrorismo è reale e non è ancora terminata. Insomma, il messaggio è sempre lo stesso, forte e chiaro: la guerra al terrore non è finita. Al Qaeda c'è ancora e Bin Laden è sempre il nostro nemico numero uno. E così, quella che dovrebbe essere la giornata della memoria, l’11/9 del “Siamo tutti Americani”, si trasforma nell'ennesima giornata per riaffermare quelle guerre e rilanciare l’attacco. Lo scontro di civiltà. La lotta all’immigrazione clandestina perché esporta il terrorismo qui da noi. La logica amico-nemico. Gli argomenti e i pretesti sono infiniti pur di ribadire quel concetto.

Quest’anno l’attenzione dei media si è invece concentrata sulle follie del “reverendo” Terry Jones, pastore con la pistola che anziché studiare bene le scritture della sua religione (tutte ispirate all'amatevi gli un gli altri) pensa bene di bruciare le scritture altrui, inventandosi il "Burn a Quran Day" e allo stesso tempo tradendo il proprio credo. Fortunatamente una panzana. Una bravata. Una simpatica bravata che ha però distolto, anche quest’anno, l’attenzione sul grande interrogativo. Chi c’è dietro gli attentati dell’11 settembre? Decine di associazioni composte dai familiari delle vittime attendono da tempo risposta sugli infiniti enigmi che ruotano attorno all'11/9. Un’America stranamente vulnerabile che in un solo giorno permette ai simboli dell’economia e al santuario della difesa (il Pentagono) di essere distrutti con uno show che ha incollato tutto il mondo agli schermi. Nessuno si interroga. Nessuno chiede più spiegazioni. I circuiti internazionali mandano a ruota quelle immagini. La catastrofe. La tragedia.

E già! È molto più facile continuare ad impressionare con questo tipo di narrazione che mettere in scena gli infiniti interrogativi che circondano quella data e tutti i suoi vigliacchi complici. Da Bush jr al Mossad. Da Al Quaeda a Robert Gates. Dal petrolio alla sicurezza di Israele.

AV

giovedì 9 settembre 2010

The show must go on, caro Tomizawa


Ha dell’assurdo quanto accaduto domenica scorsa durante la gara del Moto2 Gp di San Marino. Continuare a correre nonostante un concorrente di quella gara, il diciannovenne Shoya Tomizawa, fosse morto durante la stessa è qualcosa che dovrebbe spingere chiunque ad indignarsi. Ho ascoltato in radio le dichiarazioni di Valentino Rossi. Affermava che sarebbe stato giusto fermarsi, salvo poi commentare l'esito della gara dal punto di vista sportivo. A quel punto, ho avuto la sensazione che per quella infelice scelta di continuare a correre ci si scandalizzasse giusto il tempo di un battito d’ali. Soltanto un giorno o poco più. Poi via nel dimenticatoio. La normalità. La morte di un giovane scompare di fronte al mercimonio che circonda ogni tipo di show ed ogni genere di spettacolo. Tutto diventa ascrivibile all’ordinarietà degli eventi. Fermare la gara non lo avrebbe riportato in vita, ho sentito dire. Sarebbe stato però un modo per ricordare. È come dire che non serve commemorare le vittime di stermini e stragi perché non le riporterebbe in vita.

E così, l’informazione che spesso e volentieri orienta comportamenti e costumi ha di fatto assecondato l'onnipresente show must go on, con la morte di un ragazzo ridotta a poco più che un fatto. Nella narrazione degli eventi c'è addirittura più spazio per commentare l’esito della gara – il Fatto – che non per il decesso – divenuto soltanto il fatto nel Fatto. I circenses del XXI secolo hanno ormai assunto una funzione ed un peso maggiore rispetto a fatti tristi e di rottura come la morte. Tuttavia, essendo profondamente convinto del rispetto che merita ogni singolo individuo nelle sue infinite manifestazioni, liquidare quell'episodio a mera ordinarietà è per me inaccettabile. Così come è inaccettabile dover assistere quotidianamente nei TG ad un elenco numerico di gente morta in circostanze molto più drammatiche. Da Baghdad a Kabul, numeri, statistiche, cose e non persone. È così che si riduce l’importanza agli occhi del pubblico di quelle vite spezzate. Come carri bestiame, quei numeri fanno parte di uno sterile elenco che non aggiunge null’altro a quelle cifre. Un modo per snaturare il rispetto assoluto che merita il singolo individuo, in quanto uomo e in quanto portatore di una sua storia personale. Va invece ridata forza al linguaggio, alle parole, alla narrazione dei fatti. Raccontarli senza assecondare i desideri dei potenti. Bisogna orientare lo sdegno e l’indignazione necessari a far ribellare chiunque alla dittatura mediatica ed economica di soggetti che – come i signori che stavano dietro quella gara motociclistica – hanno a cuore solo il profitto. Va fermato l’estremismo di qualsiasi ragion di stato in grado di fare macelleria di tutto e tutti pur di mantenere in vita una sporca ragnatela di interessi. Sarebbe un modo per ricordare, per fare memoria, per non cadere nella tentazione che non ci si debba mai fermare di fronte alla morte di una persona in nome di un interesse qualsiasi, specie se insulso come quello di una gara, di un gioco, di un momento di ozio.

Tempo fa ci si scandalizzò, senza però condannare, perché alcuni bagnanti continuavano a godersi la loro giornata di mare nonostante in spiaggia vi fosse un cadavere. Ma questi fatti sono tutti figli di un unico orientamento comportamentale, quello che riduce l’uomo a cosa, oggetto e non lo innalza mai a persona. Egoismi ed autoreferenzialità sembrano dominare, in un’orgia di spregiudicatezza materialistica. Sono invece convinto che in questo postmodernismo, diventato ormai anche post-umanesimo, bisogna combattere per riportare al centro l’uomo, la sua dignità, la sua soggettività, indipendentemente dal ruolo ricoperto in società e al di là di ogni interesse.

AV